La Percezione sonora

Mentre il suono è una entità fisica misurabile con appositi strumenti - i fonometri - la percezione sonora è una valutazione soggettiva di quella stessa entità ad opera del sistema uditivo umano.
La fisica acustica definisce e quantifica il suono, la psicoacustica descrive gli effetti che il suono stesso produce sull'essere umano.
Fin dalle sue origini l'uomo si confronta con il suono "pesandolo" in funzione di ciò che esso provoca nella sua persona in termini di sensazioni. Vedremo ora come è stato possibile relazionare numericamente tra loro lo stimolo fisico del suono e la sensazione soggettiva di intensità, mentre alcuni aspetti simbolici del rapporto che l'uomo ha con l'udito, ci auguriamo possano emergere nella sezione riservata alle testimonianze.
Per quanto riguarda la misura della sensazione soggettiva di intensità che un suono produce, ammesso di poterlo fare con esattezza, è utile ricordare che la soglia di udibilità da sola non è sufficiente a definire il comportamento uditivo. Infatti, se è vero che la maggior parte delle volte che aumentiamo l'ampiezza dello stimolo fisico attorno ai valori di soglia, questo viene normalmente percepito dall'esaminato, è anche vero che, se aumentiamo ancora l'intensità del suono inviato, la percezione non aumenta oltre un certo limite.
Per avere un riscontro immediato di quanto esposto può essere utile ricorrere all'esempio dell'esperienza che tutti hanno provato in attesa di un treno alla stazione ferroviaria. Se chiudiamo gli occhi ed il treno è ancora lontano, riusciamo a percepirne la presenza nel momento in cui avvertiamo un debole brusio (in corrispondenza della nostra soglia di udibilità). Man mano che il treno si avvicina, avvertiamo sempre più forte il rumore delle ruote sui binari. Quando il treno è prossimo alla stazione e si sta avvicinando a noi, il rumore è percepito ancora più intensamente, tanto che, se aumentasse ancora, avremmo la sensazione di non percepirne più la differenza di intensità.

Se immaginiamo di dover riferire quanto il rumore del treno è stato più forte confrontando il momento in cui è arrivato in stazione con quello in cui abbiamo iniziato a percepirlo a distanza, ci rendiamo conto di dover far riferimento ad una esperienza soggettiva.

Dovremmo cioè riuscire a quantificare una sensazione. Dal momento in cui il treno è stato appena percepito a quello in cui è arrivato accanto a noi, potremmo immaginare esperienze soggettive che potrebbero indurci a definire il suono come: molto debole, debole, confortevole, forte, molto forte, troppo forte, fastidioso, e ciò in funzione anche di come quel rumore si è trasformato dal lontano e cupo brusio al vicino ed acuto sferraglio delle ruote sul binario.

Questo semplice esempio aiuta ad introdurre il concetto di "Loudness". è definita "Loudness" la dimensione psicologica del suono.
Comunemente, al concetto di loudness siamo soliti associare l'intensità dello stimolo sonoro, in quanto all'aumentare dell'intensità del suono inviato corrisponde un aumento della sensazione soggettiva di intensità.

La sensazione di intensità di un suono, e quindi la loudness, non può essere però completamente definita, (anche se come valore relativo, tenuto conto che la percezione è un fatto assolutamente individuale) se non facciamo riferimento alla sensazione di intensità relativa alla frequenza (e quindi all'altezza) di quello stesso suono.
La scala della loudness va da molto debole a molto forte, quella dell'altezza va dal suono grave (o cupo) a quello acuto.
Fermo restando il fatto che persone diverse possono riferire sensazioni diverse di intensità nei confronti dello stesso suono, intensità e frequenza sono caratteristiche del suono intimamente legate tra loro: è vero che all'aumentare dell'intensità del suono inviato aumenta la loudness, ma è anche vero che, a parità di intensità del suono inviato, la loudness può cambiare al variare della frequenza. Allo stesso modo, l'altezza può cambiare al variare dell'intensità, anche se la frequenza rimane costante.
Nonostante le evidenti difficoltà, (in passato gli studiosi che cercavano di misurare e confrontare le sensazioni di intensità di suono percepito, hanno dovuto superare notevoli ostacoli sul fronte degli oppositori che sostenevano l'impossibilità di dare un valore numerico alle sensazioni acustiche) è stato possibile individuare una scala di valori che mettesse in relazione l'attributo psicologico del suono e lo stimolo fisico che lo produce.
In alcuni studi di psicoacustica è stato chiesto a soggetti normoudenti di valutare quando un suono (che veniva loro inviato ad una data frequenza) aveva, a loro giudizio, la stessa intensità di uno stimolo di riferimento precedentemente ascoltato di cui erano note le caratteristiche in intensità e frequenza. In questo modo è stato possibile ricavare tanti valori che esprimevano, nei confronti di stimoli diversi in frequenza, la sensazione di uguale intensità. Questo insieme di valori ad uguale loudness, relazionati tra loro, ha permesso di rappresentare l'ambito uditivo umano attraverso delle curve che, comunemente, vengono chiamate "isofoniche".

Grazie alle curve isofoniche è stato possibile rappresentare graficamente la relazione tra stimolo sonoro inviato e sensazione di intensità percepita.
Altri studi sono stati condotti per poter avere un unità di misura riconoscibile ed utile a definire quantitativamente la loudness. è stato così introdotto il termine "SON".
è stato definito 1 SON la "quantità" di loudness generata da un tono puro a frequenza 1000 Hz e di intensità 40 dBSPL ascoltato con entrambe le orecchie in campo libero (l'ascoltatore è stato cioè posto a distanza predeterminata e senza cuffie di fronte alle casse acustiche attraverso cui è stato diffuso il suono desiderato). All'ascoltatore è stato poi chiesto di variare il livello del tono a 1000 Hz fino a che veniva percepito come doppiamente forte, in modo da ottenere un livello di intensità relazionabile con 2 SON di loudness. Per ottenere il livello di intensità che genera una loudness di 0.5 SON, è stato chiesto all'ascoltatore di diminuire l'intensità del tono a 1000 Hz fino a che fosse percepito come metà forte.

Allo stesso modo, è stato chiesto di individuare i livelli di intensità che generano una sensazione soggettiva doppia dei 2 SON e metà di 0.5 SON, ottenendo così i livelli di intensità che generano una loudness di 4 e 0.25 SON.
Questo procedimento può essere ripetuto fino a coprire i 120 dB SPL del range uditivo umano. In questo modo è stato possibile relazionare l'intensità fisica, espressa in dBSPL, di un tono puro a 1000 Hz, con l'aspetto soggettivo del suono, la loudness, misurato in SON.
Questa relazione evidenzia che a 1000 Hz, oltre i 20 dBSPL, ad ogni aumento di 10 dBSPL corrisponde un raddoppio dell'intensità soggettiva.
Nella rappresentazione grafica del concetto appena esposto, la scala dei SON è logaritmica e la relazione, oltre i 20 dBSPL, tra la loudness e l'intensità fisica dello stimolo è lineare.
Senza entrare troppo nelle complicate funzioni matematiche che hanno reso possibile relazionare queste grandezze, è importante rilevare che alle basse frequenze l'aumento dell'intensità soggettiva (loudness) rispetto allo stimolo fisico proposto in dB SPL, è molto più veloce che per le frequenze acute. Così se, come abbiamo visto, ad un aumento dello stimolo di 10 dBSPL corrisponde a 1000 Hz un raddoppio dell'intensità soggettiva, a 100 Hz se passiamo da 62 a 72 dBSPL la sensazione soggettiva di intensità passa da 1 a 6 SON.

(Da "L'adattamento degli apparecchi acustici" Livi, Cotrona).


A conferma del fatto che l'udito umano è molto più sensibile alle variazioni di intensità sulle basse frequenze.
La sensazione soggettiva di intensità nelle perdite uditive.
Il sistema uditivo umano interagisce senza sosta con le vibrazioni pressorie esterne che chiamiamo suono. La situazione acustica che comunemente definiamo silenzio è in realtà l'assenza di percezione degli stimoli sonori con i quali solitamente ci confrontiamo. La mancata percezione di un suono, così come la sensazione di fastidio e i diversi livelli di percezione, deve essere però correttamente relazionata alla capacità uditiva umana in generale e alla sensibilità uditiva individuale. (La sensazione di silenzio avvertita da una persona può non essere avvertita dalla persona vicina).
Dovendo relazionare l'attributo psicologico del suono con le caratteristiche fisiche dello stimolo inviato, non possiamo cioè non tenere conto della capacità uditiva individuale e dei fenomeni intimamente legati al tipo di perdita uditiva, quando presente.
Abbiamo prima cercato di capire come è stato possibile relazionare l'intensità dello stimolo fisico con la loudness in soggetti normoudenti, prenderemo ora in esame la stessa relazione in un soggetto debole di udito (ipoacusico).
Nel fare questo, ci occuperemo essenzialmente delle perdite uditive cocleari (molto frequenti nella casistica generale), cioè delle sordità determinate da un danneggiamento di un organo fondamentale dell'orecchio interno: la coclea. In questo tipo di ipoacusia si verificano, infatti, fenomeni molto importanti da capire ai fini di una corretta interpretazione dei problemi che la persona incontra nel quotidiano senza l'aiuto di un apparecchio acustico, nell'affrontare la scelta di fare uso di una protesi acustica, durante le fasi di adattamento protesico e nella nuova dimensione uditiva.
Nel trattare Il suono, abbiamo visto che nel range che va dalla soglia di udibilità alla soglia di fastidio, in un soggetto normoudente, esistono un milione di livelli di pressione sonora che, per ragioni di misura, sono stati "compressi" in soli 120 livelli di ampiezza.
Questo presupposto ci fa comprendere meglio, anche intuitivamente, il motivo per cui all'aumentare di pochi Decibel HL l'intensità del segnale inviato, (un segnale precedentemente tarato sullo strumento in funzione dei 120 livelli di ampiezza), anche l'ascoltatore normoudente percepisce importanti variazioni di intensità soggettiva. Ciò anche indipendentemente dall'attributo psicologico individuale considerato che la minima variazione di ampiezza a cui viene sottoposto l'ascoltatore durante il rilievo della soglia uditiva racchiude in sé molti livelli di pressione sonora reale. Nonostante ciò, la relazione tra l' ampiezza del suono inviato e l'intensità del suono percepito è, nel caso del normoudente, direttamente proporzionale. Quindi possiamo dire che nel soggetto che non presenta deficit uditivi, un piccolo incremento in dBHL del suono inviato corrisponde ad una variazione di intensità soggettiva piuttosto rilevante, ma proporzionale.(Sull'audiogramma, schema dove vengono trascritti i valori misurati, un aumento di 10 dB del suono inviato corrisponde ad un aumento di 10 dB di risposta del paziente, ma la sensazione di differenza di percezione è piuttosto rilevante).
In presenza di una ipoacusia, i valori in dB del suono inviato a cui il soggetto riferisce di avvertire la minima percezione sono più alti e, conseguentemente, più bassa la soglia di minima udibilità rispetto al normoudente e quindi più "compresso" l'ambito uditivo inteso come range delimitato dalla soglia di minima udibilità e dalla soglia di fastidio.
Per comprendere meglio i problemi di comunicazione che incontra una persona debole di udito affetta da una ipoacusia di tipo cocleare, è molto importante considerare un fenomeno che caratterizza fortemente questo tipo di sordità per ciò che riguarda la loudness: il Recruitment.
è definito "Recruitment di intensità" una alterata sensibilità soggettiva nei confronti di una variazione oggettiva del livello sonoro inviato.

Nelle sordità cocleari, dove è sempre presente il Recruitment, la relazione tra lo stimolo inviato e la sensazione soggettiva non è di tipo direttamente proporzionale (come nel caso del normoudente e delle ipoacusie trasmissive) ma varia sensibilmente in funzione della singola perdita uditiva, delle sue caratteristiche e del soggetto interessato.
In ogni caso comunque, rispettando una regola precisa: ad una piccola variazione del livello dello stimolo inviato al di sopra della soglia di udibilità, corrisponde una più o meno grande (ma quasi sempre superiore all'incremento dello stimolo) variazione di sensazione soggettiva.
Mentre nel caso del normoudente un aumento di 10 dBHL del suono inviato corrisponde una sensazione di 10 dB di sensazione, nel caso delle sordità cocleari la variazione di suono inviato di 10 dBHL può arrivare a determinare una variazione di sensazione sonora di 35 o 40 dB .
è interessante vedere come la loudness che caratterizza le ipoacusie cocleari, determina i comportamenti del soggetto che ne è colpito e delle persone con cui entra in relazione (i familiari, gli amici, i vicini, l'audioprotesista).
Molto spesso, tenendo conto delle variabili di ogni specifico caso che dovranno essere analizzate individualmente, la persona affetta da sordità cocleare riferisce di non udire i suoni deboli e al contempo di provare fastidio nei confronti degli stessi suoni aumentati di poco in intensità.
L'esigenza di sentire più forte e lo sconforto di provare fastidio si intrecciano continuamente, creando non pochi problemi anche alle persone vicine le quali si devono confrontare- spesso in maniera "snervante"- con i suoni ed i rumori che quotidianamente e inevitabilmente vengono prodotti nell'ambito di qualsiasi spazio condiviso.
Spesso, il fatto di non riuscire ad ottenere un buon equilibrio uditivo rispetto all'intensità soggettiva, si traduceva in passato, molto più di oggi, nella diffidenza a prendere in considerazione l'ipotesi di ricorrere all'uso di una protesi acustica ("se mi aumenta il livello dei suoni... divento matto"). Ciò anche in relazione alle esperienze vissute e raccontate da altri.
Per ovviare a questo inconveniente, nel 1990 sono stati messi a punto da studiosi e ricercatori del settore, sistemi di amplificazione non lineare da implementare negli apparecchi acustici.
Utilizzando questi sistemi, gli audioprotesisti hanno potuto operare in questi ultimi anni separando i valori di guadagno da prescrivere sui suoni deboli dai valori utilizzabili nei confronti dei suoni forti in ingresso, assicurando all'utente un comfort uditivo prima impensabile.
Per poter fare adattamenti protesici ad personam - come ogni singolo caso richiede - sono stati studiati e messi a punto alcuni metodi di ricerca dei valori di loudness (procedimento chiamato, in gergo tecnico, mappatura) nei soggetti con perdita uditiva di tipo cocleare dove il recruitment è sempre presente.

Tra i vari metodi esistenti che sono stati usati per la mappatura della loudness, ricordiamo:
a- Valutazione delle Categorie
b- Valutazione delle Grandezze
c- Misura del MCR
Con il metodo di valutazione per categorie,(denominato CAR) vengono presentati all'utente stimoli sonori che deve attribuire ad una fra un certo numero di categorie come: non udibile, molto debole, debole, confortevole, forte, molto forte, troppo forte.
Con il metodo di valutazione per grandezza (RME) l'utente dispone di un pulsante graduato progressivamente che deve essere premuto quando la propria percezione corrisponde a quella generata dallo stimolo.
Con il metodo MCR (Most Comfortable Range o Range di Massimo Conforto) Elberling prevede la descrizione dell'andamento della loudness definendo i limiti di uno spazio (range) tra un livello di massimo conforto inferiore (MCL low) ed un livello di massimo conforto superiore (MCL high).
Questo metodo, il più usato per ragioni di praticità, si propone di ricostruire la curva di Loudness facendo riferimento ai seguenti parametri evocati alle diverse frequenze: la soglia uditiva, il livello del fastidio, e i due valori intermedi del MCL low e del MCL high
Riferendosi a questi parametri misurati ad personam , è possibile calcolare i valori di guadagno da "somministrare" individualmente al fine di normalizzare la loudness e consentire al debole di udito di recuperare l'ascolto dei suoni deboli senza provare fastidio nei confronti dei suoni forti.

Per approfondire lo studio dei complessi meccanismi che determinano la funzione uditiva e le patologie ad essa collegate rimandiamo alla letteratura esistente.



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